QUITO, ECUADOR

NON TUTTE LE CIAMBELLE ESCONO COL BUCO PER FORTUNA

 

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Esattamente un anno fa stavo partendo per realizzare, finalmente, quello che ho sempre definito il mio piccolo sogno nel cassetto: ( IL SOGNO NEL CASSETTO ) tre mesi e mezzo in giro per il Sud America partendo dall’Ecuador e scendendo fino in Argentina. Dopo quattro mesi di preparativi, alla fine, era arrivato il tanto desiderato giorno della partenza. Ogni volta che mi butto in una nuova avventura ( VIAGGIARE DA SOLI ) metto in conto, sempre, la possibilità di qualche disguido, qualche imprevisto, ma mai avrei potuto immaginare che questo mio nuovo viaggio si sarebbe trasformato in un vero e proprio incubo. Ma procediamo per gradi.

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Sono arrivata nel mio ostello a Quito all’incirca alle cinque del pomeriggio dove mi stava aspettando una mia grande amica cilena conosciuta l’anno prima durante il mio viaggio in Colombia ( COLOMBIA ) . L’idea era quella di trascorrere due settimane insieme in giro per l’Ecuador. Dopo una veloce chiacchierata, non ci si vedeva praticamente da un anno, decidiamo di uscire a mangiare qualcosa e iniziare a programmare il nostro tour ecuadoriano. Ci dirigiamo verso Plaza Foch esattamente a cinque minuti a piedi dal nostro ostello. Terminata la cena, intorno alle otto di sera, decidiamo di rientrare camminando, senza prendere un taxi, visto l’orario e la presenza di molti turisti e polizia. Premetto che in tutto questo, come sempre, stavo seguendo quelle che definisco le “regole del gioco”: vestita con un tuta nera, nessuno oggetto vistoso, pochi soldi e cellulare usato solo nel ristorante. Mentre stiamo camminando veniamo improvvisamente assalite alle spalle da due ragazzi. La mia amica, essendo abituata a vivere quotidianamente con l’ansia di essere derubata per strada, appena ha capito la situazione in cui ci trovavamo ha consegnato senza dire una parola il suo cellulare. Io, da una parte perché non sono abituata a certe situazioni (non mi era mai capitato nulla di simile nella mia vita) e dall’altra perché presa inaspettatamente da dietro, ho reagito d’istinto, quell’istinto che in situazioni in cui non hai il tempo di pensare non puoi fermare: ho gridato aiuto due volte pensando, forse, che la polizia che si trovava veramente a due passi da noi mi avrebbe sentita e sarebbe intervenuta. Al terzo aiuto, però, mi sono ritrovata bloccata contro una parete con uno dei ragazzi che mi teneva con una mano il collo e con l’altra mi tappava la bocca e con l’altro ragazzo che con una pistola puntata contro il mio fianco non faceva altro che gridarmi “Ti uccido”. In quel momento non ho provato paura: semplicemente una gran tranquillità (l’adrenalina a volte fa strani scherzi) e la sensazione che una pallottola, prima o poi, sarebbe partita. Non potevo parlare. Non potevo muovermi. Ero in balia di due ragazzi strafatti da chissà quale droga che non avevano nulla da perdere. L’unica cosa che potevo fare era fargli capire in qualche maniera di prendere la mia tracolla dove tenevo il cellulare e i soldi. Ho alzato leggermente le spalle e con gli occhi ho fatto loro un piccolo cenno. Tracolla strappata. Dopo aver frugato nella mia borsa e trovato il mio telefono mi hanno finalmente lasciata andare e sono scappati. Mi sono vista la morte in faccia? Credo proprio di sì. La cosa che, però, mi ha fatto più male è stata vedere tanta violenza negli occhi di quei due giovani ragazzi. Ancora oggi se mi chiedete di descriverli o di dirvi come erano vestiti vi posso dire che mi ricordo solo una cosa: i loro occhi. La mia vita in quel momento per quelle persone non valeva niente, erano disposti a tutto pur di racimolare quattro soldi per comprarsi la loro dose giornaliera.

Il giorno dopo siamo andate a fare la denuncia alla polizia: altro momento memorabile. Partiamo dal presupposto che come in quasi tutti i paesi del Sud America anche in Eucador il machismo è percepibile in qualsiasi situazione. In quanto donna vieni trattata come un essere inferiore e in questo la polizia non è da meno. Dopo aver cercato di “colpevolizzarmi” chiedendomi se andavo in giro vestita in maniera poco adeguata o sfoggiando tutto ciò che fa Europa e con il cellulare in mano, hanno iniziato a chiedermi se forse quella che io pensavo fosse una pistola in realtà non fosse un coltello o che addirittura mi fossi inventata tutto. Visto l’andazzo l’unica cosa che potevo fare era chiedere cosa volessero scrivere nella denuncia e la risposta è stata alquanto precisa: tutto tranne la presenza di un’arma altrimenti non avrebbero accettato la mia denuncia. Una rapina a a mano armata per loro significava: avvisare l’ambasciata italiana, darne notizia ai telegiornali o quanto meno ai giornali e ammettere che quella che viene definita una zona turistica controllata dalla polizia non è poi così tanto sicura. In un momento in cui il loro paese veniva spinto come una delle destinazioni turistiche da non lasciarsi perdere una cattiva pubblicità come questa non potevano di certo permettersela.

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Quito vista dall’alto

Sono qui a raccontarlo e questa sicuramente è la cosa più importante. Non credo ritornerò mai in Ecuador, ma mai dire mai. Dopo esattamente tre giorni e mezzo dalla mia partenza sono tornata a casa completamente terrorizzata e con il morale a terra e non tanto per non essere riuscita a realizzare il mio sogno ma per la cattiveria, la violenza e la mancanza totale di umanità che ho visto: “cagna” è stata forse la parola più carina che mi è stata detta dal quel ragazzo che puntandomi una pistola contro mi minacciava di morte.

Dopo un mese sono ripartita e sono tornata in Sud America. Come dice il detto “quando si cade da cavallo, bisogna subito rimontare in sella“.

La paura non mi ha ancora lasciato a distanza di un anno: ogni volta che sento un rumore alle spalle o percepisco movimenti improvvisi salto via come una molla. Vorrei potervi dare dei consigli concreti ma, in realtà, l’unica cosa che mi sento di dirvi è di continuare a viaggiare. Ogni mattina ci svegliamo nelle nostre case, nelle nostre città, nei nostri paesi e nessuno di noi sa cosa ci aspetterà, così ci riserverà la giornata. A me, questa brutta disavventura, è semplicemente successa in Ecuador ma poteva capitarmi in qualsiasi altra parte del mondo.

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L’unica foto di me in Ecuador

 

Ricordatevi sempre una cosa: SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA

19 commenti Aggiungi il tuo

  1. Menti Vagabonde ha detto:

    Nessuno può garantirci che cose di questo genere non possano accadere, ogni luogo può nascondere un’insidia. Forse quando si è all’estero si avverte in misura maggiore poiché non si hanno vicini famiglia e amici. Non bisogna smettere di viaggiare, anche un’esperienza negativa può servire. Credo comunque che alla luce di certi fatti, nonostante non sia giusto, una donna deve fare una maggiore attenzione, a volte bisogna anche rinunciare ad andare da sole in alcune località perché sono ad alto rischio. Io diffido sempre di chi dice che non ha mai problemi

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    1. Siamo sicuramente più vulnerabili e insicuri quando siamo lontani da casa. Concordo a pieno: quando il rischio è troppo alto è sicuramente meglio evitare di andarci. Noi donne purtroppo dobbiamo muoverci sicuramente con qualche accortezza in più!!!

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  2. Karyna Prieto ha detto:

    Mi dispiace molto che la tua esperienza sia stata bruta nel mio paese, sfortunatamente queste cose accadono ma non solo in Sud America io sono stata derubata in Milano per fortuna no con quella violenza, purtroppo quando andiamo per un posto che no conosciamo doviamo avere molta più attenzione, mi dispiace anche per questi personaggi della polizia ma no ti portare quella immagine de Ecuador. Credimi é un paese bellissimo e adesso che vivo nella Italia ti posso garantire che é molto meno maschilista de quello che si pensa, pero dai ti auguro di tornare un giorno e si é cosi fammi sapere magari ti do una mano con i posti a visitare e consigli vari. Un abbraccio.

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    1. Purtroppo sono cose che possono capitare in qualsiasi parte del mondo. Amo il Sud America e continuerò ad amarlo e a visitarlo e sono proprio persone come te che me lo fanno amare ancora di più!!! Grazie per le tue parole. Chissà magari un giorno tornerò in Ecuador…

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  3. piccoloessere ha detto:

    Mi dispiace molto per l’esperienza bruttissima che hai vissuto in Ecuador. Sono una donna e ho abitato in questo paese per diversi mesi. L’ho visitato più volte girando anche da sola con i mezzi pubblici e la mia esperienza è sempre stata positiva (ovviamente anche io ho sempre fatto attenzione). Nei miei viaggi lì ho incontrato molta gente gentile e rispettosa, ma penso che il bene ed il male purtroppo stiano ovunque. Credo che il problema non sia l’Ecuador in sé, ma gli essere umani, con quelli bisogna avere fortuna. Spero che tu possa superare presto questo trauma nel migliore dei modi e con coraggio. Non perdere la voglia di viaggiare.

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    1. Poteva capitarmi veramente in qualsiasi posto del mondo. Mi dispiace non aver conosciuto l’Ecuador. Le grandi città sono le più pericolose. Ti posso assicurare che le poche persone del posto che ho conosciuto sono state gentilissime. Forse sogno un mondo senza violenza. Grazie mille per le tue parole!!! Un abbraccio

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  4. piccoloessere ha detto:

    Condivido. Magari nel mondo non ci fosse violenza! Per l’Ecuador chissà, magari avrai altre occasioni in futuro. Intanto recupera 😉

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    1. Mai dire mai!!! Magari tra qualche anno ci tornerò!!!

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  5. italiafinlandia ha detto:

    Che brutta avventura. Ti auguro il meglio!

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  6. Transit ha detto:

    Ieri mattina una signora a proposito di incidenti e vicissitudini varie diceva: – Però, almeno siamo qui a raccontarci.- Un po’ come dire: -Ci è andata bene.Passiamo a presso. – Viva il tuo prossimo viaggio. E senza grattacapi. molestatori e ladri. Grazie del tuo passaggio da me. Ciao

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    1. L’importante è poterne parlare e superare il trauma!!!

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      1. Transit ha detto:

        E rafforzarsi. E semmai accompagnarsi con altre/i. Chi ti ha trasmesso l’amore per i viaggi? La tua famiglia o la tua personale curiosità? Buon viaggio presente e futuro. Ciao

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      2. Direi tutti e due: mio padre in primis e la mia innata curiosità!!!

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      3. Transit ha detto:

        Molto bene. Vai.

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  7. mc ha detto:

    ma anche se nella denuncia hai messo quello che vogliono loro, oggi che tutto è conesso cosa credono di aver risolto? a parte dimostrare i loro limiti e ipocrisia?

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    1. Per fortuna adesso abbiamo più libertà rispetto a prima di denunciare o quantomeno parlare di queste ingiustizie!!!

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